Gomez: “Dal Gubbio al gol alla Juve. Che emozione”

Juanito Gomez (Foto di Beretta Emiliano)

Juanito Gomez, attaccante dell’Hellas Verona, è intervenuto ai microfoni di Radio Bellla & Monella, official radio dell’Hellas Verona. Ecco le sue principali dichiarazioni:

Juanito come stai dopo l’elongazione al polpaccio?

Sto bene, molto meglio rispetto a mercoledì. Sto facendo di tutto per riuscire a essere con il gruppo il prima possibile. Per quanto riguarda il derby di domenica, i dottori sono fiduciosi, e anche io. Ce la stiamo mettendo tutta, proverò a fare del mio meglio per esserci contro il Chievo. È una partita importante, che tutti vogliono giocare, e io farò di tutto per esserci.

Come state e come la state preparando? 

La stiamo preparando bene. Penso che non ci sia tanto da parlare, o da fare, o da caricare. È un derby che vogliamo vincere assolutamente, anche riscattando quello che è successo all’andata. Siamo carichi, molto concentrati, vogliamo prepararla al meglio per fare i tre punti. Non è una partita come le altre, è un derby, e non conta giocare bene, fare le azioni, niente: conta solo vincere, e prepariamo la partita per quell’obiettivo.

Cosa temi del Chievo? Una difesa che non prende gol?

Temere no, ma ho tanto rispetto per loro, è una squadra che è in Serie A da tanti anni, molto organizzata, è difficile fare gol contro di loro. Proveremo in tutti i modi a farli, per portare a casa i tre punti.

Il 12 maggio il 30° anniversario dello Scudetto. In questi anni hai compreso a pieno l’impresa dei tuoi predecessori?

Appena arrivi qui te lo fa capire la gente, è una storia molto importante quella dello Scudetto. Gli ex Gialloblù ci fanno vedere le partite, andiamo ai calcio club, dove la gente che ci fa sentire l’importanza di quel traguardo.

Juanito raccontaci del Gomez ragazzino che a 18 anni in Italia da solo e senza conoscere una parola della nostra lingua.


Sono partito dall’Argentina con la speranza che ha ogni ragazzo, di riuscire un giorno a giocare nel calcio che conta. Ma la strada è stata lunga e piena di difficoltà. Appena arrivato non conoscevo nessuno, e nemmeno la lingua o la cultura, è stato un po’ difficile. Però sono stato fortunato, ho trovato tre ragazzi argentini nel Ferentino, e mi hanno aiutato loro a imparare lingua, cultura, e il calcio italiano. Da lì la strada è stata un po’ più in discesa, a livello di inserimento e adattamento.

Dopo i provini con la Salernitana inizi la tua vera carriera in Serie D proprio nel Ferentino. 

Giampiero Vellucci è stato il mio primo presidente, che devo ringraziare, perché mi ha avviato al calcio italiano.

Poi Triestina, Bellaria e l’approdo a Verona nel 2008 con l’Hellas in Lega Pro. Non va subito come vorresti…

Arrivo dal Bellaria in C2, da un pubblico di mille persone approdo in una piazza come Verona. Per me era un sogno arrivare in uno stadio con 10-15.000 tifosi. Ma ho avuto qualche difficoltà all’inizio a trovare spazio, e dopo un anno e mezzo sono dovuto ripartire per fare ancora un po’ di esperienza.

Poi però la fantastica stagione di Gubbio ti ha lanciato e riportato da protagonista a Verona.

È stato bello, perché andare via da Verona e scendere di categoria è stata dura, però dall’altra parte penso sia stata la mia fortuna: sono andato in una società dove gli allenatori, Torrente e Simoni, mi hanno dato fiducia, e dove sono riuscito a esprimermi molto bene, a livello personale e di squadra. Abbiamo vinto due campionati di fila, e poi sono tornato a Verona, dove sinceramente non pensavo di rimanere dopo il ritiro, vista l’esperienza passata.

Ecco, fermati un attimo. Dal Ferentino in Serie D al minuto 92 del 9 febbraio 2014. Cross di Romulo e tu vai in cielo a prendere il pallone e lo scaraventi in rete di testa. 

È stata un’emozione incredibile, entrare e segnare il gol all’ultimo minuto, vedere lo stadio che esplode, la gioia della gente, è stato incredibile, non riuscivo a capire nulla in quel momento, gli abbracci… è stato fantastico, non dimenticherò mai quella sensazione.

Andrea Mandorlini ti ha eletto come prototipo di giocatore che piace a lui.

È un rapporto ottimo. Se sono qui devo ringraziare anche lui. Quando sono tornato da Gubbio non pensavo di rimanere, ma è stato lui, insieme al presidente Martinelli, a convincermi, dicendomi che avremmo fatto delle cose belle. E così è stato, sono quattro anni che siamo qua, e penso che abbiamo davvero fatto cose belle e importanti per la città di Verona. Sono contento, e lo ringrazio per questo.

Glielo fate vincere a Toni il titolo di capocannoniere?

Noi ci proviamo tutti a fargli fare gol. E non è che ci vuole tanto, lui i gol ce li ha nel Dna. Lo speriamo, perché se vince la classifica cannonieri vuol dire che noi avremo qualche punto in più…

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