La campagna acquisti del Verona finora è legata a Filippo Fusco. I ritorni di Matos, preso dall’ex diesse a gennaio, e Boldor, addirittura acquistato due volte da Fusco in due anni. Poi Laribi, giá preso da Fusco a Bologna, e il tentativo fallito per Maggio, vecchio pallino del direttore napoletano. Poi è arrivato Cissè nell’affare Grosso. L’unico acquisto che è farina del sacco di D’Amico è Almici, arrivato a titolo praticamente definitivo dall’Atalanta.Tutto ciò era prevedibile. Il nuovo diesse gialloblù era il braccio destro di Fusco, era il suo capo scouting, ed è naturale che alcuni giocatori in passato siano stati consigliati proprio da D’Amico a Fusco. Come primi movimenti di mercato, quindi, non ci si poteva aspettare nulla di diverso.Ora però spetterà al giovane direttore sportivo completare l’organico con intuizioni vere, gestire la possibile bomba Pazzini, pilotare con intelligenza le cessioni di Gonzalez (nessuno ci è riuscito prima di lui), Cherubin e Nicolas, piazzare i giovani che escono dalla Primavera e scoprire talenti nuovi, dalle categorie minori o dall’estero. Inoltre dovrà dimostrare carattere nella gestione Grosso: i due si conoscono da anni, ma l’amicizia nell’ambito lavorativo spesso non porta frutti. Servirà coraggio, umiltà e intraprendenza quando e se occorreranno scelte forti.Se infine Setti non gli affiancherà un direttore generale com’era Gardini, D’Amico dovrà avere anche le spalle larghe per proteggere mister e squadra, dovrà saper gestire davanti agli esigenti pubblico e media una società dove il presidente non ama apparire, avrà il compito di pilotare il Verona, soprattutto nei momenti più difficili.Nessun pregiudizio nei confronti del nuovo direttore sportivo. La speranza, anzi, è che la scelta di Setti sia stata lungimirante e, come al solito, sarà il campo a decretare chi avrà avuto ragione. D.C.