Ci sono giocatori che vanno aspettati. Grandi talenti pronti ad esplodere e per i quali in tanti aspettano la grande consacrazione. Uno di questi è senza dubbio Johnny Ciro Montaño, che debuttò in A con il Parma addirittura a 16 anni, prelevato dal Quilmes in Colombia.
Arrivò a Verona in prestito nel 2001, 18enne, e doveva essere la riserva di Mutu e Camoranesi. Nel frattempo la rivista Don Balon l’aveva inserito nella lista dei migliori giocatori al mondo. Ma a Natale non tornò dopo le vacanze in Colombia. Gli uomini del Parma lo andarono a recuperare e raccontano di inseguimenti sui tetti delle case di Calì, con tanto di “amici” armati, polizia, carte di credito prese in ostaggio. Alla fine Montaño fu rinchiuso in una camera dell’hotel e obbligato con la forza a tornare a Verona. 10 presenze in gialloblù e retrocessione: una delusione e troppa saudade. Il Parma l’anno dopo ci riprova con il prestito a Piacenza, ma accadono le stesse scene. I tifosi emiliani furono meno clementi e lo accolsero a gennaio con striscioni pesanti, frasi razziste e pure un aggressione da parte di alcuni ultras. Pazienza finita anche da parte del Parma che prova con altri prestiti all’estero, sempre infruttuosi. E lì comincia il continuo girovagare di Ciro: Colombia, Perù, Canada, Qatar, Turchia. Con il tempo ingrassa un po’, rimane il talento che tutti conoscevano, ma fisicamente non resta al passo. In Perù arriva anche un nuovo soprannome: Potón, che in italiano significa “culone“. Inutile spiegarne il motivo.
Oggi Montaño gioca nello Sport Chavelines, Serie B peruviana. Il figlio, Jhonnier Esteban Montaño Barona, è stato recentemente convocato dalla Colombia Under 17 e tutti sperano che possa diventare quello che il padre non è diventato.
Ci sono giocatori che vanno aspettati. Johnny Ciro Potón Montaño non è mai arrivato, nemmeno al terminal di un aeroporto.
Damiano Conati