È il 1993 l’anno dell’esplosione di Robert Spehar, bomber croato dal fisico da granatiere. In due stagioni tra Dinamo Zagabria e Osijek raccoglie 58 presenze e addirittura 41 gol. A Osijek diventa vero e proprio idolo, vincendo addirittura la classifica dei cannonieri di quell’anno in Croazia.
Nel 1995 a 25 anni passa al Club Breugge, in Belgio, dove Spehar fa ancora meglio mettendo a segno addirittura 40 gol in 50 partite. Un fenomeno che attira le attenzioni dell’ambizioso Monaco. In Francia la concorrenza in attacco è alta: Ikpeba e i giovani Trezeguet e Henry sono difficili da spodestare. E qui Spehar gioca e segna poco. Anche se ci si ricorda di un suo gol in semifinale di Coppa dei Campioni contro la Juve.
Nel 1999 arriva così la chiamata di Pastorello. È il Verona di Prandelli, la grande occasione per Spehar di rilasciarsi. Ed invece vince la pubalgia. 3 presenze in campionato, nessun legame con il tecnico e un addio a gennaio senza rimpianti. La parabola discendente del bomber continua allo Sporting Lisbona, al Galatasaray e allo Standard Liegi fino al ritorno nella sua Osijek, dove a 33 anni ha vinto un nuovo titolo da capocannoniere croato. Si è ritirato nel 2005 nel campionato cipriota.
Oggi è rimasto nel mondo del calcio croato come commentatore, opinionista e grande tifoso del suo Osijek, dove è considerato un idolo.
Peccato perché uno come lui, in un ambiente caldo come il Bentegodi avrebbe potuto fare grandi cose. La pubalgia l’ha fermato e oggi viene ricordato come uno dei più grandi bidoni della storia gialloblù.
Damiano Conati