di Stefano Pozza
È un Verona stanco, poco motivato e senza idee quello sceso in campo ieri sera all’Olimpico. Una brutta batosta in compartecipazione (ma non è una scusante) con il mediocre arbitraggio. Clamoroso e inaspettato passo indietro, con un Verona di mandorliniana memoria, preoccupato più a difendersi (e sappiamo di non esserne capaci) che a rendersi pericoloso. Per certi versi anche un match sfortunato: potevamo andare in vantaggio con Pazzini nel primo tempo ma il gol di Matri ci ha tagliato le gambe. Non fosse bastato, nella ripresa i biancocelesti sono rientrati sul rettangolo verde con maggior piglio e nel giro di qualche minuto ci hanno rifilato un passivo da “arrivederci e grazie”: 3 a 0. Purtroppo, nemmeno la punizione dai venti metri di Greco e la zampata dell’evergreen Toni hanno riacceso le speranze con i gialloblu’ perennemente in balia degli avversari. Sia chiaro, in quel preciso momento tutto poteva ancora accadere, ma la quarta e la quinta sberla (con Keita prima, e con un generosissimo rigore trasformato da Candreva poi) ci hanno definitivamente giustiziati. Finisce 5 a 2 per la Lazio. Difesa imbarazzante e poche idee la’ davanti. Ora la rincorsa è di nuovo quasi impossibile e quel che è peggio è che la sconfitta dell’Olimpico si mescola in un misto di delusione, rabbia e rassegnazione. Perfino l’incombere del derby si palesa come una gara insulsa, recepita dall’esterno soltanto come stimolo per l’orgoglio e per ricompensare l’affetto incondizionato dei tifosi. Non certo per la classifica. In una stagione da dimenticare e che ci sta consumando lentamente, vincere la stracittadina con il Chievo rappresenta l’ultima richiesta possibile ad un Hellas Verona ormai alla deriva.