La deludente Italia europea, specchio del nostro calcio

L’Italia non s’è desta con la vittoria dell’Europeo 2021. Anzi, tutt’altro. Si è infilata in un vortice pericolosissimo, con un crocevia mondiale che passa da Macedonia e soprattutto da re Cristiano e con le sue squadre di club che vengono derise da mezza Europa e cadono come d’autunno sugli alberi le foglie.

Questa settimana i sentieri stranieri hanno messo in luce tutte le debolezze delle squadre italiane, con la Coppa delle grandi orecchie lasciata ad inglesi e spagnole, più il solito Bayern, con la sola Atalanta a tenere a galla il sistema Italia e con la Roma che arranca addirittura nella ridicola Mitropa Cup del nuovo millennio.

Il calcio italiano non sta bene e lo si vede chiaramente anche nel campionato di casa, dove squadrette costruite con gli album delle figurine dei minori campionati del mondo, come il Venezia, e dove compagini che farebbero fatica anche in Serie B, leggi Salernitana, restano comunque a galla e provano a giocarsi la salvezza fino alla fine. Un campionato dove gli americani che arrivano possono permettersi di vivacchiare senza grandi investimenti, vedi Bologna, ma possono anche retrocedere in B con “saggi” investimenti su giovani del calibro di Buffon, Danilo e Pandev in quel di Parma.

Campionato dal livello veramente scadente, dove chi vince lo Scudetto per restare a galla deve cedere alle due finaliste della Champions League scorsa i suoi due migliori giocatori, dove i conti della maggior parte delle big sono in rosso, dove l’indice di liquidità vale più dei gioielli della corona e dove chi è in testa oggi si affida ad attaccanti quarantenni e perde con leggiadria i suoi pezzi migliori a parametro zero, non ultimo Kessiè che pare aver appena firmato con il Barcellona. Senza contare gli stadi diroccati, la TV (che le fa vedere tutte) che funziona a scatti e a pixel, e le varie leghe (Serie A, Serie B, Serie C) che non si parlano, non trovano accordi, non fanno funzionare il sistema a dovere.

In questa situazione per niente rosea, Verona è un’isola felice. A Verona il presidente non ha debiti, non investe un soldo di tasca propria, anzi campa con i denari che frutta la società. A Verona ogni anno vengono lanciati giovani della propria cantera, allevati in casa e nati proprio nella città scaligera, e si scoprono talenti da plusvalenza.

Oltre a Verona, poche altre sono le situazioni genuine in Serie A. Ma non sappiamo dove andrà a finire il calcio italiano, se alla deriva o se continuerà a restare a galla barcollante. Di certo si tratta di un mondo profondamente radicato nella cultura italica, con scuole calcio un po’ ovunque e con impianti sportivi sempre disponibili e non condivisi con istituti scolastici, come spesso accade nelle palestre per gli altri sport di squadra. Un mondo che permette ancora di scoprire piccoli talenti, futuri campioni per la nazionale italiana. E se una volta le coppe europee tendevano al tricolore, oggi il tifoso medio si deve accontentare di un piazzamento Champions in campionato, di una semifinale di Coppa Italia, oppure di non retrocedere mestamente. Si deve accontentare della mediocrità. E, vista la storia che c’è alle spalle, è davvero un peccato.

 

Damiano Conati

Sono nato a Verona nel 1982, sono sposato e ho tre bellissimi bambini. Laureato in Scienze della comunicazione, sono iscritto all'Ordine dei Giornalisti dal 2005. Giá collaboratore di molte testate locali, presidente di una società di basket, ho vissuto tre anni in missione in Brasile e attualmente lavoro come operatore sociale in Caritas Verona.

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