Lopez: “Devo mettere su chili”

Il fisico leggero, il piede che incanta e dipinge calcio. L’Uruguay nel cuore, tre anni fa poi l’arrivo in Italia. Un mese in albergo prima di poter firmare con la Roma. E da allora ne sono cambiate di cose. Di chi parliamo? Nico Lopez, il talento che Mandorlini si coccola al Verona e che si racconta alla Gazzetta dello Sport. A cominciare dal gol all’Inter, prima dell’esonero di Mazzarri: “Non l’ho mica mandato via io, evidentemente c’erano altri problemi… Per le mie caratteristiche contro le grandi, contro chi lascia spazi per giocare, mi trovo meglio. Con Milan e Inter ho segnato. A Cesena ero marcato stretto e ho faticato. In Serie A c’è molta fisicità, io invece sono leggerino, me ne sono reso conto e ho capito che dovrò passare qualche ora in più in palestra per mettere su chili. È necessario per fare bene anche contro squadre che puntano molto sull’agonismo”. Un arrivo in Italia molto avventuroso, come detto: “Sono nato a Montevideo e dai 4 anni in poi ho sempre vissuto con un pallone tra i piedi. Lo portavo anche a scuola e non ci siamo mai separati. Ho fatto le giovanili con i Wanderers e poi a 12 anni sono passato al Nacional. Il mio agente, Pablo Bentancur, mi prospettò l’ipotesi del trasferimento in Italia e assieme ai miei genitori, Alejandro e Monica, decisi di lasciare l’Uruguay. C’è stato un gran casino…. Il Nacional fece anche partire delle denunce per rapimento ma è andata bene e a 18 anni ho potuto firmare per la Roma. Non me ne pento. È stata un’esperienza incredibile: sono rimasto chiuso in un albergo per un mese, guardavo la tv e mi allenavo aspettando la chiamata per il contratto. La famiglia è con me a Verona, a Montevideo c’è mio figlio, Elias Benjamin, ha quasi 3 anni: mi sono separato da sua madre poco dopo la nascita. Mi manca tanto e a Natale andrò a trovarlo”. Intanto questo è il suo terzo anno in A, un bilancio? “A Roma Zeman mi vedeva bene, dalla Primavera mi portò in prima squadra. Poi, dopo il suo esonero, con Andreazzoli non ho trovato spazio. All’Udinese, con Guidolin, il modulo era incentrato su Di Natale: con lui è dura per tutti. Ho iniziato questa stagione con Stramaccioni, poi è arrivato il prestito al Verona (diritto di riscatto a 18 milioni e controriscatto a 4, ndr) e ho detto sì: ho bisogno di fiducia e continuità, qui la sto trovando. C’è un bell’ambiente: frequento molto Rodriguez, mi trovo bene”. E con Mandorlini? Si è adattato bene? “Sì, anche se il mister mi chiede di attaccare e di rientrare, vuole che dia una mano dietro e per me è un sacrificio enorme. Ma ha ragione lui, devo giocare di più per la squadra”. Fastidiosa l’etichetta da nuovo Iturbe? “No, perché abbiamo caratteristiche completamente diverse, quindi è un paragone che non regge. Ha un grande talento, spero di arrivare anche io presto al top: voglio salire in alto, ho fame e questa è un’annata importante”. In squadra anche Saviola, l’altro ‘Conejo’: “Mi è molto vicino, mi consiglia. Il soprannome, «Conejo de la suerte», risale alla prima partita con il Nacional con una serie di coincidenze incredibili legate al numero 17: avevo 17 anni, la maglia numero 17, feci gol al minuto 17 e fui il 17° giocatore del Nacional ad andare in rete… E da allora il 17 non mi ha più abbandonato. A Roma, Udine e Verona ho preso quella maglia. E presto sulla spalla sinistra farò un bel tatuaggio con il numero 17”. Che si tiene stretto. Un futuro davanti, Nico Lopez vuole conquistare l’Italia. E non solo.

Fonte: gianlucadimarzio.com

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