Perché è colpa della società (parte seconda)

di Damiano Conati



In quel “tutti colpevoli” pure la società ha le sue responsabilità. Intesa sia come coppia nella stanza dei bottoni, Setti-Gardini, che come direttore sportivo, soprattutto in sede di mercato. Andiamo ad analizzare qualche punto.

1) Il rinnovo a Mandorlini è arrivato, lasciando una condizione soltanto in favore del tecnico: i due anni di contratto. Poi è stato eliminato il fidato Bordin, per mettere il fidato di Guidolin, Bortoluzzi. Non è stato silurato l’amico e collaboratore tecnico Nicolini, ma è stato affiancato da un altro responsabile tecnico, scelto dalla società, Zanchetta. Insomma, forse Mandorlini è stato lasciato troppo solo.

2) Viviani è stato sicuramente un ottimo acquisto, ma quando in estate ti accorgi che è infortunato, cerchi subito di correre ai ripari. Invece si è aspettato il 31 agosto per iniziare una trattativa con Pizarro che non è decollata per mancanza di tempo. E poi si è messa una pezza con l’ormai ex giocatore Matuzalem. Si poteva gestire meglio tutto ciò.

3) Perché cedere Gatto e Cappelluzzo, le punte centrali delle ultime due stagioni della Primavera per non acquistare nessun giovane attaccante di peso? Pavanel ha dovuto cambiare modo di giocare. Mandorlini, una volta rimasto orfano di Toni e Pazzini, non ha potuto pescare nella squadra Primavera.

4) Sicuri che Lazaros fosse più scarso di Wzsolek? O che l’ottimo Zampano visto finora a Pescara fosse peggio del soprammobile Winck?

5) Scaricare in malo modo Sogliano (sia nei fatti che nelle parole) è stato controproducente. Bigon e i suoi collaboratori si sono dimostrati ottimi uomini di mercato e bravissimi dietro la scrivania, come sottolineato anche da Setti. Ma non sono uomini di campo: Bigon ha dimostrato di non avere il controllo generale della situazione. E lo si è visto anche a Napoli, dove ha portato giocatori sontuosi, spesso anche a poche lire, che però non rendevano. Oggi con i “provinciali” Sarri e Giuntoli sono improvvisamente ritornati campioni.

6) La fiducia a Mandorlini poteva avere un senso: un po’ di gratitudine per il passato, la speranza che con il recupero degli infortunati potesse tornare il vero Hellas, quei due milioni risparmiati… però con un allenatore che non adatta il modulo ai giocatori, ma che ha solo il suo credo tattico, al quale tutti devono adattarsi e che non sa mettere in campo una squadra al di fuori del 4-3-3, qualcosa la società doveva fare. Con tutti quegli infortunati, anche di lungo corso, era necessario cambiare: troppa gente fuori ruolo, troppi giocatori schierati con le infiltrazioni, troppi automatismi assenti. Pur di giocare sempre allo stesso modo.

E forse cambiare adesso potrebbe essere davvero troppo tardi.

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