Perché il mercato del Verona mi è piaciuto

di Damiano Conati

Parto dalle cessioni. Marquez e Matuzalem rispediti in America per raggiunti limiti di età. Zaccagni in prestito alla capolista di Lega Pro per giocare e allenarsi per un determinato obiettivo e non per una anonima media classifica di B. Rafael, ormai messo ai margini della squadra, ceduto con la speranza di guadagnare qualcosa con il diritto di riscatto a giugno. 1 milione per Halfredsson, 32enne alla fine di un ciclo e desideroso di provare una nuova avventura, e 5 complessivi per Sala, deludente per mesi: rappresentano introiti importanti, impossibili da reperire tra 6 mesi. Visto il terribile girone d’andata e la probabile retrocessione, era necessaria una piccola rivoluzione ed è stata fatta in maniera oculata e remunerativa.
Capitolo acquisti. È vero, sono tanti prestiti secchi. Ma indubbiamente era difficile per un giocatore accettare una situazione di classifica e di umore simili a questa. Così si è optato per prestiti di un certo spessore: giocatori fisici e tecnici, adatti ad una media classifica di A. Samir, Gilberto, Furman, Rebic e Marrone. Uno: per non perdere del tutto la speranza o chiudere almeno con dignità; due: per avere a giugno una rosa ridotta, ma con un’ossatura comunque importante, e la possibilità di operare sul mercato, di A o B, con ampio margine e possibilità di scelta. 
Anche se si è puntato principalmente su stranieri, il mercato di gennaio a me è piaciuto perché è andato completamente contro alle idee estive di Bigon: molti più giovani e tutti con esperienze nelle nazionali minori dei loro paesi. Con la speranza che sappiano fare meglio di chi è arrivato in estate e che, per vari motivi, finora ha profondamente deluso.

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