Saudade do Brasil

di Massimo Recchia 

Come spiegare, o anche più semplicemente tradurre con un solo termine, il concetto di “saudade”?  
Malinconia, assenza, tristezza, lontananza, tormento, perdita.

Ma non si può prescindere da questo quando si cerca di interpretare l’animo e la sensibilità dell’universo culturale brasiliano.

La cultura brasiliana è saudade. La gente, i talenti sono saudade. Ogni ispirazione anche sportiva deriva dalla saudade. 

Il sorriso contagioso multidentale del nostro più talentuoso sudamericano, che combatteva le sue origini a fianco di Iturbe e Jorginho, non si coglie più come ai tempi in cui le braccia al cielo ed il bacio ripetuto ed ostentato sulla maglia gialloblu veniva offerto ai tifosi del Bentegodi. Le sopracciglia arcuate sul viso come a lanciare la picchiata del Livingstone, con la strafottenza del famoso gabbiano, che in un vertiginoso avvicinarsi a rete lasciava penne al cielo ed altrettante pene agli avversari. Funamboliche scorribande ai lati del verde prato di una gazzella liberata dal filo spinato dei bracco-neri. Adesso la saudade cancella tutto, ogni rimembro. Lascia tristemente una scia malinconica che nemmeno una sfilata di samberos in tanga risicato ripagherebbe. L’unica medicina per guarirla una volata a mille all’ora ed un golazo sotto la sud.

Noi aspettiamo, ti aspettiamo Romulo Caldeira.

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